Carlo Penco

Context is a concept used by philosophers and scientists with many different definitions. Since Dummett we speak of "context principle" in Frege and Wittgenstein: "an expression has a meaning only in the context of a sentence". The context principle finds an extension in some of Wittgenstein's ideas, especially in his famous passage where he says that "to understand a sentence is to understand a language". Given that Wittgenstein believes that "the" language does not exist but only language games exist, we should conclude that he is speaking of the need to consider any sentence always in the context of a language game1. This general attitude is certainly attuned with the contemporary tendency to place contextual restrictions to the interpretations of our sentences. However we find so many kinds and forms of restrictions that this general attitude is not enough to give us a viable tool to find an order in the web of so many different theories of context. To look for an order or, at least a clarification, we may start with two contrasting paradigms of theories: the "objective" theory of contexts, where context is a set of features of the world, and the "subjective" theories of context, where context is the cognitive background of a speaker or agent in respect to a situation2. We have here not only two different ways of using the term "context" but also two different conceptions of semantics and philosophy. The different conceptions are normally associated, respectively, with the classical paradigm of model theoretic semantics (Kaplan, Lewis Stalnaker) on one hand and with the A.I. paradigm (McCarthy, Buvac, Giunchiglia) on the other hand. For sake of simplicity I will restrict my attention3 mainly to Kaplan 1989 and to McCarthy 1993 and Giunchiglia 1993. The two different conceptions can be summarised with the following schema: a) context as: set of features of the world..

Insieme a John McDowell, Robert Brandom è uno dei filosofi emergenti della reazione al naturalismo filosofico; seguace Wilfrid Sellars, è l'autore americano che più si avvicina al dialogo con la filosofia continentale e propone una rivalutazione di Kant e Hegel nella filosofia analitica. Già allievo di Richard Rorty, Brandom è diventuo famoso con la pubblicazione di Making it Explicit. Questo ponderoso volume di 900 pagine non ha avuto però ancora una sufficiente attenzione nel dibattito filosofico italiano (a parte alcuni inteventi pubblicati su Iride). Forse questo dipende in parte dalla peculiarità e difficoltà del suo approccio, in parte dalla mole stessa del citato volume. Anche per questo motivo Brandom ha presentato una serie di lezioni2 ove riprende i temi del libro maggiore e ne approfondisce alcune parti. In quanto segue si presentano i temi fondamentale di Making it Explicit, arricchiti con elementi presi dal nuovo approfondimento.

Is deduction of use in application to our everyday problems? Aristotle said that in practical matters we cannot use a strictly deductive attitude: "we must be content...in speaking about things which are only for the most part true, with premises of the same kind, to reach conclusions that are no better" (Nic.Eth.I,4 - my underlining). We may content ourselves with conclusions which - according to the usual views - are not true; but what happens when we realize that such conclusions bring us into contradiction with some of our deepest beliefs? We have to pursue our search of rationality in the most compelling manner, and this effort forces us to express our background beliefs in order to check what may be wrong with that. In this paper I will give two classical examples, one form the history of cinema and another from the history of artificial intelligence: in comparing these two examples I claim that logical compulsion - the deep need for convention - is highly valuable where feelings are not enough

In questo lavoro tratto del problema del rapporto tra semantica e pragmatica, e in particolare cerco di dare una visione generale di cosa si dovrebbe intendere per "competenza pragmatica". Assumo una visione olistica del significato, perché mi permette di mostrare come, anche con una posizione radicale di questo genere, possiamo trovare modi per spiegare la comunicazione e salvare la composizionalità. Il modo per spiegare la comunicazione e salvare la composizionalità passa attraverso la dimensione pragmatica, intesa come il modo di filtrare il livello "giusto" di contesto entro cui elaborare la valutazione e l'interpretazione semantica, e giungere all'interpretazione intesa. Nel § 1 presento i problemi di una teoria olistica del significato riguardo a una teoria della comunicazione; nel § 2 presento una possibile risposta dell'olismo ai problemi della comunicazione, ridefinendo la comunicazione come processo di convergenza del significato. Nel § 3 presento quello che può essere definito il punto cieco della teoria olistica di Davidson: l'idea che la strategia di convergenza è un "processo misterioso". Mostro come diverse linee di ricerca lavorano proprio all'individuazione del "mistero" davidsoniano. Nel § 4 presento una delle linee di ricerca rivolte di fatto a riempire il vuoto della teoria di Davidson: la teoria multicontesti in intelligenza artificiale. Nel § 5 delineo la similarità di tale teoria con altri tentativi in pragmatica, mostrando che ragionare su questa similarità può aiutare a ridefinire il concetto di "competenza pragmatica" come filtro per la semantica. Nel § 6 abbozzo una riflessione su come queste riflessioni potrebbero avere una influenza sul tema della composizionalità

This paper gives attention to a special point in Brandom’s Making it Explicit. Brandom proposes in MIE a “Fregean” way out of Kripke’s puzzle about belief. In the first part, I analyze two main features of Brandom’s strategy, the definition of anaphoric chains as senses of proper names and the implausibility of the application of a disquotational principle to proper names. In the second part, I discuss the problem of the stability of contents and the problem of sharing contents. I claim that Brandom’s strong holism leads to irresolvable difficulties with the concept of conceptual content as it emerges from the discussion of Kripke’s puzzle.

Riassunto: in queste note presentouna breve panoramica della scienza cognitiva, che costituisce a tutt'oggi, a più di vent'anni dalla sua nascita, un coacervo di novità rilevanti nell'ambito della ricerca interdisciplinare. Dopo una prima presentazione generale (§1), traccio una breve storia della disciplina (§2) per passare poi a descrivere nel § 3 uno dei nuclei di fondo della scienza cognitiva: il funzionalismo e l'idea di mente come sistema di rappresentazioni o mappe cognitive. Nel § 4. accenno ad alcune tensioni interne alla scienza cognitiva. Essa è tuttora un campo disciplinare con forti contrasti sui paradigmi da seguire nella descrizione dell'architettura della mente. Una sfida recente è venuta dalla robotica "situata" e dalla tesi che occorre fare a meno delle rappresentazioni mentali nella costruzione di robot intelligenti. Nel § 5 discuto questa sfida mostrando che, nonostante l'entusiasmo suscitato dai primi successi della nuova robotica, il cardine della scienza cognitiva resta solido, anche se bisognoso di completamento. Nella conclusione, al § 6, tocco di sfuggita il tema della coscienza dei sistemi intelligenti (umani e artificiali) e invito a cercare strade per affrontare i problemi che si porranno alle nuove generazioni di studiosi, ormai al di là della frattura tra cultura umanistica e scientifica, frattura che forse trova in Italia uno degli ultimi ambienti in cui sopravvivere.

In this paper I give a reconstruction of Dummett’s main arguments concerning the theory of the occult origin of the Tarot, and discuss the reasons behind the success of the Tarot pack – in particular the Major Arcana – in the history of card games. I also provide some indication of the links between Dummett’s interest in the history of card games and aspects of his philosophical background. As I am not an expert on card games, this paper is mainly a personal tribute to a side of Dummett’s work to which philosophers have in general paid little attention.

In questo saggio non sviluppo una tesi precisa, ma presento alcune osservazioni sull'olismo e molecolarismo che tentano di mostrare la praticabilita' del molecolarismo e vederne allo stesso tempo le difficoltà: (i) Mi interrogo sulla fortuna del dibattito sull'olismo degli ultimi anni, come ripresa e precisazione delle osservazioni fatte a suo tempo da Dummett nel suo libro su Frege. (ii) Richiamo alcune idee fregeane a proposito di linguaggi formali che definiscono una specie di olismo innocuo, e al contempo impongono una distinzione tra olismo del significato e della competenza. (iii) Pongo il problema dell'allargamento di tali idee dai linguaggi formali al linguaggio naturale; propongo di applicare la distinzione tra significato e competenza alla differenza tra significato socialmente costruito e significato usato dai singoli; in tal modo individuo nell'idea di ''idioletto'' di Frege un problema cui ogni teoria del linguaggio deve rispondere. (iv) Sostengo che il molecolarismo risponde al problema dell'idioletto; difendo percio' la praticabilita' del molecolarismo messa in discussione dal saggio di Fodor e Lepore, in cui cerco di individuare il punto in cui hanno fuorviato il lettore nel credere alla impraticabilita' di tale prospettiva. (v) Sopo aver accennato ad alcuni problemi aperti nella proposta molecolarista di Dummett, presento una possibile interpretazione non olistica del pensiero di Wittgenstein, che pero' non risolve i problemi sopraccennati.

This paper tries to give some substance to local holism, a picture that seems to fit Wittgenstein’s analysis of the working of language. In the first part I state the well-known paradox of semantic holism, as discussed in philosophy of language: if meaning is holistic there is no possibility to share any meaning. In the second part I present the different answers to this paradox, from atomism to different forms of holism. In the third part I give a criticism of the traditional interpretation of Wittgenstein as a supporter of global holism. As an alternative lecture I will suggest some lines of Wittgenstein's thought leading towards a definition of local holism. Eventually I will show connections with ideas developed in Multi Context theories in artificial intelligence, which help to show a possible direction of inquiry about restrictions on locality.

In this paper [submitted in 2008] I discuss the relation between truth and assertion. But the paper was never published, because the journal did not start (I don't know whether it started with another name and I wish all the best for this enterprise). After a while, I realized that what I had written was unclear and I tried to re-write with more details for "Agora filosofica". In this new paper I discuss in detail Kripke's example presented as a case against Donnellan's distinction, and I claim that one of the two dialogues breaks Grice's Cooperation principle (and,in general, the charity principle).

In this paper I shall deal with the role of "understanding a thought" in the debate on the definition of the content of an assertion. I shall present a well known tension in Frege's writings, between a cognitive and semantic notion of sense. This tension is at the source of some of the major contemporary discussions, mainly because of the negative influence of Wittgenstein's Tractatus, which did not give in-depth consideration to the tension found in Frege. However many contemporary authors, after the first attempt by Carnap himself, have tried to make room both for a cognitive and semantic aspect of meaning. I claim that at least some of these attempts (Dummett, Perry and Chalmers) are seriously flawed, mainly due to the difficulty in making a proper connection between the two different conceptions of sense. I shall outline an alternative project, which takes into consideration Frege's requirements on antipsychologism and of the objectivity of thought, while maintaining a close connection between the two aspects of sense

The aim of this collection of papers is to present different philosophical perspectives on the mental, exploring questions about how to define, explain and understand the various kinds of mental acts and processes, and exhibiting, in particular, the contrast between naturalistic and non-naturalistic approaches. There is a long tradition in philosophy of clarifying concepts such as those of thinking, knowing and believing. The task of clarifying these concepts has become ever more important with the major developments that have taken place over the last century in the human and cognitive sciences - most notably, psychology, sociology, linguistics, neurophysiology, AI, and cognitive science itself. In all these sciences, there is a need to delineate the domain of the mental and to elucidate the key concepts and underlying assumptions. This need is widely recognized, but approaches and answers vary significantly. Some stress the representational features involved in most of our mental processes, others the inferential dimension; some stress the necessity of using empirical data, others the need to refine ideas before pursuing and drawing on empirical research. The papers collected in this volume are grouped into four parts, on language and thought, on knowledge, belief and action, on intentionality, and on naturalism. The volume will be welcomed by all those engaged and interested in debates about the mental in philosophy and the human and cognitive sciences. Table of Contents PART I: LANGUAGE AND THOUGHT Andrew Woodfield, Public Words Considered as Vehicles of Thinking Andrea Bianchi, Speaking and Thinking (Or: A More Kaplanian Way to a Unified Account of Language and Thought) Stefano Predelli, The Strange Case of the Missing Constituent PART II: KNOWLEDGE, BELIEF AND ACTION Pascal Engel, Taking Seriously Knowledge as a Mental State Carlo Gabbani, Epistemology and the Eliminative Stance Jennifer Hornsby, Knowledge, Belief and Reasons for Acting Wolfgang Kunne, Some Varieties of Deception PART III: INTENTIONALITY Sandro Nannini, Intentionality Naturalised Elisabetta Sacchi, Thought and Thinking: the Ontological Ground of Intentionality Elisabeth Pacherie, Is Collective Intentionality Really Primitive? PART IV: NATURALISM Marcello Frixione, Do Concepts exist? A Naturalistic Point of View Tim Crane, Cosmic Hermeneutics vs. Emergence: the Challenge of the Explanatory Gap Achim Stephan and Robert C. Richardson, What Physicalism Should Provide Us With Mario De Caro, The Claims of Naturalism