Elisa Caldarola

A caricature can reveal an aspect of its subject that a more faithful representation would fail to render: by depicting a slow and clumsy person as a monkey one can point out such qualities of the depicted subject, and by depicting a person with quite big ears as a person with enormous ears one can point out that the depicted person has rather big ears. How can a form of representation that is by definition inaccurate be so representationally powerful? Figurative language raises a similar puzzle. Metaphors, taken at face value, are usually false: men are not wolves. The same goes for hyperbolic talk: Putnam did not change his position one billion times in his career. Still, figurative language is expressively powerful: by saying that human beings are wolves or that Putnam changed his position one billion times in his career one conveys, in a very vivid way, some true information about the world (something concerning the facts that human beings are cruel and that Putnam frequently changed opinion). Kendall Walton (1993) provides an elegant explanation of the expressive utility of figurative language by linking metaphor and prop oriented make-believe. We explore the hypothesis that the theory of prop oriented make-believe can also explain the representational efficacy of caricatures.

Wittgenstein’s remarks on “seeing-as” have influenced several scholars working on depiction. They have especially inspired those who think that in order to understand depiction we should understand the specific kind of visual experience depictions arouse in the viewer (e.g. Gombrich [1960], Wollheim [1968; 1987]). In this paper I would like to go a different way. My hypothesis is that certain of Wittgenstein’s claims both in the Tractatus and in his later writings resonate well within the context of an objective resemblance account of depiction (Hyman, 2006)

Le immagini sono rappresentazioni visive: quello che mostrano ai nostri occhi è rilevante per la comprensione di ciò che rappresentano. Le rappresentazioni pittoriche sono immagini che rappresentano visivamente aspetti visibili di altri oggetti: per questo motivo, ci sembra spesso che queste immagini assomiglino agli oggetti che rappresentano, ci sembra di riconoscere tali oggetti guardando le immagini che li rappresentano e può anche capitarci che ci sembri di avere un'esperienza degli oggetti rappresentati attraverso l'immagine che li rappresenta. Potrebbe però anche darsi che ci sbagliamo e che queste nostre intuizioni non siano affidabili. Questo contributo è un'introduzione alle principali teorie della rappresentazione pittorica, che mirano a comprendere la natura della modalità di rappresentazione che distingue le immagini che rappresentano visivamente aspetti visibili di altri oggetti. Dopo alcune considerazioni preliminari, presento cinque concetti centrali per la comprensione della natura delle rappresentazioni pittoriche: proprietà prospettiche, riconoscimento, esperienza, somiglianza, struttura. Secondo alcuni, la natura della rappresentazione pittorica si può comprendere considerando certe particolari proprietà degli oggetti che chiamiamo "rappresentazioni pittoriche" (come le proprietà prospettiche, di somiglianza, o strutturali), secondo altri la si può comprendere indagando le peculiarità dell'esperienza di visione di una rappresentazione pittorica, o individuando quali abilità cognitive sono mobilitate quando afferriamo il contenuto di una rappresentazione pittorica. Talvolta più strategie esplicative sono adottate nel contesto della stessa teoria.